Lo spazio per sé

Ci ritroviamo spesso travolti da un quotidiano esigente, da ritmi che fatichiamo a fare nostri, da una realtà della quale perdiamo il senso, da relazioni delle quali non vediamo più la bellezza. Sentiamo chiaramente come questo stato delle cose non ci appartenga come essere umani, che ci appensantisce e ci allontana dagli altri e dai noi stessi, dal nostro essere vivi, pieni.

Forse è per questo che, durante gli incontri di mediazione umanistica, affascina tanto l’atmosfera che si crea fatta di tempi personali e soprattutto di impagabili e riposanti silenzi.
Si ritrova in queste occasioni il contatto con quel tempo giusto che immediatamente riconosciamo, ci rimettiamo in contatto con l’essenziale, facciamo chiarezza nella confusione delle emozioni.

Il gruppo è il grande valore aggiunto alla costruzione di questa atmosfera attraverso la condivisione di esperienze di vita, il contatto e la vicinanza umana, la possibilità di creare sintonia e intimità attraverso i piccoli numeri, fuori dalla tentazione di ingolfarsi di ulteriori parole.
E’ l’occasione di recuperare il nostro centro, ascoltarci, andare al cuore.

La mediazione umanistica è un esercizio quotidiano, un modo di vivere, di essere: è la proposta di portare fuori dai contesti formativi e di mediazione la speranza e la pratica di una società più bella.

Scintille

Si torna alla mediazione per tenere viva la scintilla. Intesa come speranza, come forza che permette di restare su un percorso difficile per quanto per molti ormai l’unico possibile.
Una scintilla che richiede di essere rinnovata ogni volta perché anche lo spirito ha bisogno di allenamento, ha bisogno di cura, ha bisogno di impegno.
L’immagine delle scintille accompagna spesso gli incontri di autoformazione, scintille intese come elementi che saldano, mettono insieme e al tempo stesso si diffondono, si espandono tutto intorno, attivano, mettono in moto.
E’ bello pensare così questi momenti di incontro, come occasione di rigenerazione personale, cemento delle relazioni e occasione di divulgazione di questo modo di intendere non tanto la mediazione ma la vita.
Come ogni volta c’è stato bisogno di mettere tanta energia per costruire quell’atmosfera dai contorni solenni che è la forza della mediazione e che permette di attivare con gradualità quel canale nascosto che solo sa parlare delle cose essenziali. E’ il linguaggio del cuore che emerge in queste occasioni, linguaggio che poco ha di razionale e che sempre più spesso risulta essere estremamente contagioso.
Così la ricerca di ognuno può fare un altro passo verso la frase di Nietzche, “ogni giorno divento chi sono”, la traccia essenziale per proseguire il lavoro.

La sfida del quotidiano

Chi ha partecipato ad uno stage di mediazione umanistica conosce l’intensità di questa esperienza.

Difficile da raccontare, ancora più difficile da dimenticare nelle emozioni in movimento, nei collegamenti con le domande essenziali della vita, nella fatica fisica di sostenere lo spalancarsi di un mondo inaspettato. Quella fatica fisica che è frutto della poca abitudine che abbiamo a stare nel silenzio, a darci il tempo, a masticare la nostra emotività sgangherata. Quella fatica fisica ad esserci, ad essere presenti attraverso la verticalità sulla seggiola e i piedi ancorati alla terra.

Ci vuole un esercizio per imparare ad esserci, non tanto negli stage ma nella vita. Ci vuole un esercizio per stare dritti di fronte alla vita che a tratti sa essere amara, aspra, dura.
Così nel corpo come nella mente e nello spirito: ci vuole un esercizio per ritrovarsi una persona unica, unita in questi pezzi che la modernità ha separato.

E’ sufficiente fare ginnastica dello spirito solo in uno stage all’anno? E tutto il resto del tempo trascorrerlo nel caos, nella fretta, nella mente ingombra, nel corpo consumato e dolente?
Possiamo portare lo stage nella nostra vita cercando ad ogni incontro una dose di ricarica? O è tempo di prendersi la responsabilità di portare la nostra quotidianità negli stage? Di essere testimoni reali, concreti e coerenti di questa proposta?

E’ la decisione profonda che tocca ogni persona che ha incontrato questo metodo, questa maniera di intendere la vita. Puoi evitare di scegliere per un po’, puoi rimandare certo ancora un altro poco, poi la vita sceglie per te.
Mediazione umanistica può essere una parola vuota o piena a seconda di come la accarezziamo, gustiamo, tocchiamo. Dipende da noi.