Fare mediazione: mondi da scoprire

 

Chi conosce l’ambito della mediazione sa quanto strada è stata fatta in questi anni, passando da un termine poco noto e di nicchia ad un vero e proprio avvio di cambiamento culturale nel modo di affrontare i conflitti.

Parlare di mediazione al singolare è però limitativo di fronte ad una vastità di possibili modi di gestire le controversie in maniera alternativa all’utilizzo del “Ci vediamo in tribunale!”.

C’è un vero e proprio mondo che si apre dietro l’acronimo ADR (Alternative Dispute Resolution) e la mediazione è solo una delle declinazioni possibili con una ricca serie di proposte molto diverse l’una dalle altre.
Vi è infatti una ricca produzione di modelli mediativi che partono da presupposti teorici parecchio distanti e che nel tempo hanno trovato campi di applicazione specifici sulla base delle normative via via emerse ma anche dal lavoro sul campo.

Benchè il campo di studio e applicazione continui ad arricchirsi di contributi (pensiamo al modello trasformativo o a quello della comprensione e a tanti altri ancora), alcuni di questi modelli sono più noti e forse maggiormente praticati.
Parliamo della mediazione civile e commerciale, della mediazione familiare e della mediazione umanistica.
Chiaramente alcuni elementi sono trasversali e li possiamo ritrovare in ogni modello ma forse, anche attraverso un processo di semplificazione, possiamo estrapolare alcuni punti focali.

Si passa da una proposta che ha come focus primario il raggiungimento di un accordo, ad una che mira a ridefinire la relazione tra i confliggenti, ad un’altra che lavora maggiormente sull’aspetto introspettivo del conflitto.

L’aspetto interessante è scoprire quanto ogni proposta abbia la capacità di operare su alcuni aspetti specifici delle controversie, permettendo di ottenere migliori risultati in un caso o nell’altro, come una sorta di cassetta degli attrezzi dalla quale estrarre lo strumento migliore per ogni situazione. Ma la cosa che potrebbe essere interessante, più che stilare una graduatoria di efficacia, è pensare a delle contaminazioni tra modelli, a come queste proposte potrebbero dialogare e rendersi complementari a vicenda.

Una sfida difficile che alcuni mediatori, ma in generale alcuni professionisti anche di altri campi (avvocati, psicologi, consulenti), stanno sperimentando e che richiede una maggiore conoscenza delle basi di tali modelli.

Per questo SNODI APS propone per la prima volta uno stage formativo per entrare in questo confronto mettendo proprio uno affianco all’altro i 3 modelli della mediazione civile/commerciale, familiare e umanistica.
La farà attraverso tre diversi rappresentanti di tali proposte (rispettivamente Maria Rosaria Fascia, Roberta Di Martino e Massimiliano Anzivino) e con uno modalità formativa che permetterà di entrare nel vivo dei presupposti teorici e dei processi attivati da ogni tipologia di mediazione.

Ci saranno quindi momenti di presentazione e analisi dei modelli, simulate di conflitti con tutte e tre le metodologie, discussioni rispetto ai meccanismi osservati e alle possibilità di applicazione e integrazione tra i modelli stessi.

Per partecipare allo stage, in programma a Milano in via Lanzone 36, sabato 29 giugno 2019 dalle 9.30 alle 18.00 contattare l’associazione all’indirizzo e-mail snodiaps@gmail.com.

Aprire le porte

Negli stage di formazione usiamo spesso questa metafora: aprire le porte.

E’ come se la mediazione permettesse di entrare in contatto con un desiderio profondo di trasformazione, di cambiamento che ognuno di noi porta con sé in modo diverso in ogni fase della propria vita.

In questo senso possiamo pensare ai momenti di lavoro con questo strumento, che siano stage di formazione, autoformazioni, sensibilizzazioni o mediazioni poco importa, come uno spazio di cura che permette di posizionare finalmente lo sguardo sui bisogni fondamentali.

Ed è evidente come ci sia una fame di ascolto, di un linguaggio diverso, di tempo.
E’ evidente come ci sia bisogno di entrare in contatto con il nostro bisogno di pace.

Ecco allora che la metafora delle porte aperte prende forma nell’identificare i pesi che portiamo, accettarli e lasciarli andare per rendersi disponibili ad una nuova visione della vita.

Questa immagine ci aiuta a ritrovare la speranza quando ci sentiamo tanto e inevitabilmente sommersi dalle emozioni, dai conflitti, dal prezzo delle nostre scelte.

La mediazione non è una terapia anche se per tanti è un modo di prendersi cura di sé, di curare vecchie ferite e riprendere forza.

E’ piuttosto un modo di abitare la vita, di guardare alle relazioni, alle domande più profonde che l’essere umano da sempre si pone.

E’ una proposta che può far paura perché tanta è la luce che viene dallo spiraglio di quelle porte che si aprono di fronte a noi e ci danno la possibilità di rinascere.

E’ un impegno verso se stessi a guardarsi dritti nell’anima con sincerità e calore.